L’EUCARESTIA DI NATALE CON LA PAURA NEL CUORE

Missione di Cavà-Memba, Mozambico

S. Natale 2021

Sono le ore 4.30 del mattino.

Il mio organismo schiva per pochi istanti lo stridente squillo della sveglia e ha giusto il tempo per uscire dalla falsa realtà onirica ed inserirsi di nuovo nel mondo reale.

Un passaggio alle volte alquanto traumatico e destabilizzante da fare a questa latitudine africana che si affaccia sull’immensità dell’Oceano Indiano che spesso mi fa rivedere immagini fantastiche di un passato di invasioni marittime di arabi e portoghesi, nemici sociali ma entrambi accomunati da sfruttamento, commercio di schiavi e prodotti.

Ritornare alla realtà a volte è un pugno allo stomaco, un risveglio violento con una realtà affascinante e allo stesso tempo crudele. Alle mie narici non giunge il sapore del caffè o di qualche buon panettone appena tagliato, ma l’aria calda dei 26 gradi mattutini che arriveranno nelle ore successive a 38/40 con un’umidità del 80%. Il mio sistema neuronale, concepito in montagna, mi tortura con fantasie di cime innevate e candide piste da sci che spariscono dalla mente appena mi lavo la faccia con l’acqua a temperatura ambiente e mentre mi asciugo il viso inizio a versare le prime gocce di sudore che mi accompagneranno fino alle due del mattino successivo.

Sta albeggiando e la mia gente fuori è in movimento già da qualche ora, stanno terminando le manutenzioni ai tetti delle capanne e preparano i campi ad accogliere la fecondante pioggia che bagnerà i poveri semi che valgono come un’assicurazione sulla vita di tutta famiglia.

Figura 1: Momento della celebrazione penitenziale

Mi vesto senza percezione di quello che faccio in modo automatico con la maglia che già si incolla alla pelle col sudore. Nella mia mente corrono veloci le immagini degli impegni della giornata, di quello che devo fare o preparare. Mi soffermo qualche istante sul pensiero delle confessioni che ho programmato in vista del Natale nelle sei zone della missione che raggruppano ciascuna 8-10 comunità. Quest’anno non farò la confessione individuale ma darò l’assoluzione generale. No, non è per il Covid-19…di quello ci siamo quasi dimenticati che esista, abbiamo ben altre lotte da fare, ma forse per dare “del nuovo” al sacramento della confessione, perché sia davvero un incontro personale con Dio senza intermediari. La celebrazione penitenziale che ho pensato prevede delle letture, alcuni salmi, riflessioni e un gesto semplice ma toccante. La gente che vi partecipa ad un certo punto è invitata a togliersi un vestito che ha addosso: la camicia, le ciabatte, il cappello, la capulana (stoffe usate dalle donne) e a metterlo davanti all’altare per farne una culla su cui, alla fine, appena dopo l’assoluzione generale dei peccati, ci viene appoggiato un bimbo, simbolo di Gesù che nasce nei nostri poveri stracci intrisi di pianto, sudore e allegrie. Questo gesto piace molto alla gente, è immediato, concreto e ci ricorda la grandezza di Dio in un’azione piccolissima. Abbandono il pensiero delle confessioni appena poco prima di entrare in cappella per la preghiera.

Mentre giro le chiavi nella toppa della porta scruto il cielo. Ancora cielo limpido manaccia! La stagione delle piogge è in ritardo. Ma dove si saranno cacciate! La natura è contratta in un arido crampo di sete. Tutto è arido e sterile e ogni essere vivente si ritrova in questo sforzo di attesa per poter bere, bagnarsi, nutrirsi, crescere, riprodursi… VIVERE! Mi affiora un ghigno sulle labbra e mi viene da sorridere dalla tristezza pensando che la mia gente ATTENDE non le feste, non le cene di Natale, non le ferie, non le tredicesime, non i regali MA l’acqua per vivere e basta! Se non avessi in mano la maniglia della porta della cappella potrei forse imprecare contro questo cielo arido, pulito, azzurro, senza una nube. Quante volte in Italia ho maledetto i giorni di pioggia e ora li desidero come elemento vitale. L’anno scorso abbiamo vissuto un anno di fame terribile che di sicuro comprometterà le semine dei prossimi giorni visto che le sementi escono dalla produzione dell’anno precedente e saranno perciò scarse o inesistenti. La gente in questo periodo riduce il cibo a un pasto

Figura 2: Celebrazione in una comunità

al giorno e spesso pure con metà piatto vuoto. Si resiste e si guarda il cielo in silenzio, per rispetto, ma nel cuore di ognuno di loro ne sento il grido straziante di supplica.

“Dio è grande e sa tutto”, con questa frase la mia gente Makua quieta lo sconforto. Sono mesi di digiuno…Noi qui digiuniamo in Avvento per il tempo della fame e mangiamo in Quaresima quando i campi iniziano a dare i primi raccolti. Papa Francesco dovrebbe permetterci di rovesciare l’anno liturgico! Sono sicuro che la mia gente lo apprezzerebbe e lo interiorizzerebbe meglio.

Apro la porta della cappella e faccio un po’ di rumore aprendo le finestre per svegliare il padrone della ditta come mi ha insegnato a chiamarlo simpaticamente Don Lorenzo Milani. Mi siedo di fronte al tabernacolo e gli chiedo se per caso ha perso la vista? Se non vede in che razza di mondo siamo e di come vive la mia gente a cui devo predicare la nascita del Salvatore? Che Salvezza offro io alla mia gente? Covid, povertà, siccità, ingiustizia, che risposte vengono dal Natale? Abbandono questa povera preghiera disordinata, umana e passionale e prendo in mano la preghiera officiale della Chiesa sfogliando il Breviario che almeno mi aiuta a non dire eresie. Ben vengano gli schemi in questo caso!

Quasi un’ora dopo mi raggiungono in cappella i miei tre seminaristi che in questo tempo di vacanze scolastiche vivono qui con me. Sono tre giovani della parrocchia in cammino per il sacerdozio e per servire lo stesso popolo di Dio che sono chiamato a servire io. C’è comunione profonda con loro, parliamo spesso e anche sparliamo. Sì, facciamo pure questo peccato che i superiori del seminario non gradirebbero. Cerco di insegnare loro a pensare con la propria testa, a riflettere, ad analizzare e pure criticare se necessario. Parliamo di noi, della parrocchia, della Chiesa mozambicana e universale e delle urgenze di cambiamento. Sono giovani e intelligenti e sentono che la nostra Chiesa anche qui in Mozambico è ferma, impaurita, difende principi e non il comandamento dell’amore. I miei seminaristi vedono i Vescovi come pastori smarriti…che ne sarà del gregge? Ammirano da lontano lo sforzo di Papa Francesco che appella alla creatività pastorale e ad una Chiesa del perdono. Sognano di essere preti, ma per ora lottano contro difficoltà immani per mancanza di mezzi, studio, scuole adeguate. Ripenso al mio cammino di seminarista, penso ancora ai nostri seminari in Italia e mi chiedo se non siano una specie di paese dei balocchi ai margini della realtà. Chissà?

Figura 3: S. Messa nella cappella di Mutele

Iniziamo la celebrazione della Messa, noi quattro. Loro cantano da veri africani e sembra di essere in una cattedrale piena di gente. Le voci armoniche e cariche di vita diventano liturgia. Il piccolo altare è pieno di stoviglie…infondo non si diceva che era una cena? Sono le pissidi (in termine tecnico) piene di ostie da consacrare per le mie 47 comunità cristiane. Il 24 mattina presto ogni responsabile di comunità verrà a piedi da lontano sudato, affamato ma sorridente per il grande onore di trasportare Gesù fino alla sua comunità per la celebrazione della Vigilia e del giorno di Natale. Di solito Gesù Eucarestia finisce dentro a una qualche borsa o zaino dove si adagia su qualche pezzo di manioca o a del pesce secco appena preso al mercato. Penso che Gesù ci stia molto bene lì! Avrà nostalgia della sua Betlemme sentendo l’odore del pesce secco e magari anche di un po’ di tabacco. Sicuramente sente di essere a suo agio più che non negli ori sfarzosi delle cattedrali. La mia gente è il miglior ostensorio che potesse trovare. Qualcuno per tornare a casa guaderà qualche fiume, passerà tra la savana, si fermerà all’ombra di qualche mango a riposare, magari per strada visiterà dei famigliari ammalati, sarà un bel viaggio in mezzo all’umanità per Gesù senza baldacchini, tappeti rossi e cerimonieri a segnare la strada!

Mentre stendo le mani per consacrare tutte quelle ostie penso a dove arriveranno… Immagino gli altari dell’umanità sui cui saranno condivise. Immagino la mia gente che riceverà quell’Eucarestia con la paura nel cuore per il terrorismo che sta raggiungendo anche il nostro distretto. Da tre settimane a Memba è arrivato un contingente di 150 militari in asseto antiterrorismo. Nella Provincia di Cabo Delgado dove era iniziato tutto nel 2017 sono intervenuti i militari del Ruanda creando lo sparpagliamento dei terroristi in altre provincie. La settimana scorsa sono stati registrati vari attacchi ai villaggi della provincia di Niassa. Il governo ha distribuito questi contingenti militari nei distretti più a rischio sulla costa. Purtroppo, questa presenza non è una sicurezza per noi, ma un motivo per altri soprusi e abusi. Sono molte le persone che sono state picchiate a sangue in questi

Figura 4: Ragazza Makua

giorni senza motivo. Ogni giorno qui in casa ci giunge un bollettino di guerra. Gente picchiata o portata in carcere solo perché girava per strada dopo il tramonto. La gente è stanca e arrabbiata. Due giorni fa un militare è stato linciato dalla folla e ora è in gravi condizioni.

Questa Eucarestia avrà la forza di dare speranza in tutto questo? Me lo chiedo mentre recito le parole della consacrazione: “…. Versato per voi e per TUTTI”. Improvvisamente mi riaffiora nella mente l’immagine del bambino posto sui nostri vestiti durante le penitenziali. Sì, lo stesso Gesù Eucarestia nascerà di nuovo su questi stracci di umanità maltrattata e disumanizzata dall’odio. Tra pochi giorni avrò nella mia missione 47 piccole Betlemmi che saranno luce per la mia gente e si canterà: “Gloria a Dio nell’alto de cieli e pace in terra” e avremo la certezza che questa pace in un modo o nell’altro arriverà anche per noi e noi ne saremo gli artefici!

Buon Natale!

Don Silvano Daldosso

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.