Memba, Mozambico 23 dicembre 2015
E’ la sera del 23 Dicembre. Tra circa 24 ore mi troverò a celebrare la Vigilia di Natale in una dispersa comunità delle 49 della mia missione immerso nell’oscurità africana. Manca poco al Natale. Penso al mio Natale africano e poi penso al vostro in Europa, in Italia. Mi decido. Devo scrivere. Faccio uno sforzo fisico e mentale per mettermi alla tastiera del computer alle 8 della sera. A quest’ora mi starei preparando per andare a dormire, ma l’occasione del Natale è un buon motivo per chiedere ai miei neuroni e sinapsi per fare un piccolo sacrificio. Sono seduto al mini-tavolino della mia piccola stanza, così piccola che per muovermi devo prendere bene le misure per non rimanere incastrato tra tavolino, sedia e letto. Questa stanza mi piace molto perché è più alta che larga e naturalmente mi eleva verso l’Infinito, verso un Qualcuno che è richiamato dalla verticalità. Fuori è buio già da parecchie ore e tutto tace. Da alcuni giorni sono iniziate le piogge. Dio sia benedetto! La pioggia vuol dire vita, raccolto, sementi…la speranza si alimenta. Dalla finestra entra l’odore della pioggia caduta nel pomeriggio insieme alla miriade indecifrabile di canti e suoni di tanti insetti risvegliati come per magia dalla pioggia dopo mesi di letargo. Tutto brulica, tutto vive! Penso: allora davvero è Natale! Penso al mondo là fuori, al grande continente Africano, alla mia gente… Immagino una natura bella, verde, incontaminata. Allo stesso tempo vedo visi puliti adornati da sorrisi sinceri e profondi che mettono in risalto occhi neri, scaltri e pieni di vita. Penso anche a voi che siete “dall’atra parte”, alle vostre luci e ai rumori che ora sentite dalle vostre finestre chiuse con i doppi vetri. Vedo i vostri volti…parlate, discutete, vi agitate su cosa preparare per il pranzo di Natale o su dove fare il festone di Capodanno o cosa comprare con la tredicesima. La mia mente fugge tutto questo e ritorna in Mozambico a Cavá, alla mia amata gente. Loro, ora, sono lì fuori, nelle loro capanne piene di umidità per la pioggia. Alcuni preferiscono dormire nella veranda per il caldo che fa. Dopo
la pioggia l’umidità sale fino al 90% e i 35 gradi sembrano 42. Dormono già tutti. La giornata è trascorsa a zappare nel campo e consegnando alla terra una manciata di sementi costudite come fossero oro visto la scarsità del raccolto di quest’anno. Siamo in piena fame! Niente pranzo di Natale o cenone di Capodanno, anzi forse si risolve tutto con un unico povero pasto giornaliero. Nessuno della mia gente si preoccupa di cosa comprarsi per le feste né cosa indossare. In quest’epoca non c’è un centesimo in tasca… nessuno sa cosa sia la tredicesima….sono così pochi quelli che hanno un lavoro retribuito. Mi sembra di immaginare la mia gente che parla prima di addormentarsi, scambia idee sulla vita, sogna ad occhi aperti e alla fine si addormenta con la gioia di sapere che oggi ha fatto il proprio dovere consegnando poche sementi alla madre terra e domani è un altro giorno. La situazione critica della politica mozambicana sembra non toccarli. Non sono spaventati degli assalti avvenuti in alcune province, anzi…nemmeno sanno che sono successi. Nessuno discute le dinamiche complesse dell’inflazione che hanno portato la moneta locale a perdere il 38% del valore rispetto al dollaro in meno di due mesi. Solo ridono quando qualcuno torna dalla città e “spara” i nuovi prezzi del riso, della farina o del pane. Quasi il doppio! Qui si ride per non piangere o per fingere di non essere arrabbiati. Ridono anche quando si dice che i trasporti aumenteranno da gennaio e la vita sarà ancora più cara. Siamo sull’orlo di una guerra. Fino adesso la guerra non è scoppiata perché il popolo non la voleva, ma ora che questo popolo non mangia, non viaggia e non compra cosa succederà? Poi la mia immaginazione va direttamente a Te, Dio della vita. Che cavolo di mondo scegli per nascere quest’anno?!? Qui non abbiamo i “segni” natalizi che hanno altrove. Niente luci, là fuori è buio pesto! Nemmeno la frescura della neve! Di notte arriviamo “appena” a 30 gradi! Niente panettoni, niente feste, niente liturgie curate e profumate d’incenso. Però una cosa sì l’abbiamo… e anche bella! Il presepe! Se ci guardi dall’alto rivedrai la stessa Betlemme che ti ha accolto la prima volta. Le piccole fiammelle a petrolio delle capanne. La gente che si muove a piedi, lentamente. La natura. La bellezza della natura in esplosione! I semplici, i piccoli, i poveri… quelli ne abbiamo tantissimi! Qui fuori, mio Dio, c’è un presepe VIVENTE! Ci siamo tutti quanti noi! Vieni! Ti accoglieremo come ha fatto la gente di Betlemme! Sì, non abbiamo niente, ma il Natale siamo noi! Noi siamo il presepio! Mi corico con questa certezza e quando domattina alle 4.30 suonerà la mia sveglia tornerò a camminare in questo presepio che tu mi doni quotidianamente e non solo il giorno di Natale. BUON NATALE ANCHE A TE CHE LEGGI! TI AUGURO DI FAR “INCARNARE” GESU’ NELLA TUA STESSA CARNE!
P. Silvano Daldosso – Prete fidei donum in Mozambico