Carissimi amici parrocchiani di Lughezzano e Corbiolo, qui nella missione di Cavá-Memba in Mozambico entreremo da domani nel regime di isolamento: scuole chiuse, niente catechesi, incontri, celebrazioni, ecc. Le mie comunità non potranno celebrare la liturgia della Parola la domenica, ne la settimana santa. Ogni famiglia pregherà nella propria capanna dove non c’è Facebook, Whatsapp, YouTube ne libri per avere le letture e forse nemmeno la capacità di leggerli o un rosario da far girare tra le dita….ma pregheranno col CUORE, il miglior strumento che Dio ci ha dato per star vicini a Lui. Il governo qui dice di stare chiusi in casa, usare la mascherina, stare isolati….Dove la mia gente trova una mascherina??? In che casa stare se in famiglia sono in 10 in 3 mt quadrati? ?? Isolati?? Come??
Oggi si è denunciato il primo caso di coronavirus in Mozambico. Ma qui forse solo l’1% ha la possibilità di farsi un tampone….per il resto dei 28 milioni di abitanti potrebbero scambiarlo come una malaria qualunque. Quanti casi ci sono quindi? Non si sa. Sappiamo solo che se arriva qui con la stessa forza e aggressività con cui ha attaccato da voi da sarà un’ecatombe e non riusciremo nemmeno a scavare fosse comuni in tempo utile. Gli ospedali sono pochi, lontani e senza farmaci. Terapia intensiva? Non sappiamo nemmeno cosa sia! La mia gente mi insegna la pazienza e la passività attiva aspettando che passi….tutto qua! Aspetteremo e vedremo se il Buon Dio terrà la sua mano su di noi!
Preghiamo gli uni per gli altri che è il miglior vaccino che esista e ringraziamo Dio che una volta tanto forse siamo quasi tutti uguali.
PENSIERI QUARESIMALI “INFETTI”
Cavá, Mozambico – 1 Marzo 2020
INTRODUZIONE
Sfogliando mentalmente la biblioteca orale dei proverbi ne trovo uno che mi suscita una certa curiosità: “Mal comune, mezzo gaudio”.
Ora, secondo il mio modesto parere, mi sembra che il proverbio si presti ad almeno tre interpretazioni:
- Il primo significato è piuttosto chiaro e si basa sul presupposto che le disgrazie, le avversità che ci colpiscono sembrano o diventano effettivamente più sopportabili se colpiscono anche altre persone.
- Il secondo è un po’ meno spietato del primo e si può interpretare che le sofferenze sembrano meno gravi quando sono condivise con altri. Il peso (male) lo si porta insieme (comune) e non da soli e così duole meno.
- Il terzo, a mio giudizio è il più nobile. Il passare per lo stesso male ci può portare a capire meglio il male dell’altro e ci stimola ad una solidarietà reciproca portando il peso dei nostri mali, ma insieme!
A partire da questa semplice riflessione linguistica vorrei lanciare qualche spunto provocatorio su quanto stiamo vivendo di qua e di lá del Parallelo Zero che divide i due emisferi non solo per geografia ma anche per situazioni sociali, economiche, politiche, sanitarie, pastorali, e forse di cattolicità.
Esiste una seria probabilità che queste poche righe urtino la sensibilità umana e cristiana di qualcuno e lo portino frettolosamente a formulare il giudizio di un testo profano, classista, irrispettoso e sfrontato.
Non sono preoccupato di questo ma piuttosto vorrei che a partire da questi pochi, striminziti e disordinati paragrafi possa nascere una riflessione provocante e sincera, almeno a livello personale.
Abbiamo tutti bisogno di scuoterci dalla calma dei nostri caldi salotti, dalle frustrazioni delle canoniche imborghesite e dalle certezze incrollabili delle Curie dai velluti di altri tempi.
Abbiamo bisogno di alzare di nuovo il capo e guardare a Colui che hanno crocefisso! A Colui che ha saputo nel deserto vincere le tentazioni del potere, della ricchezza e di farsi supplente di Dio! A Colui che ci ha comandato di annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra a tutte le nazioni e non solo a quelle che possono permetterselo perché più ricche di mezzi e risorse.
Se non erro mi sembra abbia pure detto che i pubblicani e le prostitute ci passeranno davanti nel Suo Regno e non vorrei certo trovarmi abbandonato dalla mia gente e sentirmi dire da loro che ho sbagliato tutto. Sarebbe come aver perso l’anima per sempre!
Premetto che quanto segue è nato da una mia riflessione personale e non vanta certo i criteri di infallibilità che hanno solo certi soggetti all’interno della Chiesa e nemmeno su tutti gli ambiti!
Mi limiterei dunque a classificarlo come una riflessione di un “prete di campagna” che ha la fortuna di abitare, vivere e respirare una “campagna” in terra di missione nel grande continente che è la culla della nostra umanità dove insegnano più le parole e i fatti dei libri e dei decreti.
FATTO
I fatti che mi hanno mosso a scrivere questi “pensieri infetti” sono quelli relativi al Coronavirus e suoi annessi.
Prima ancora che venisse alla luce il paziente zero in Italia, qui in Mozambico, precisamente nelle città di Maputo (capitale) e Nampula, erano stati riscontrati vari casi di virus con relativi decessi. La notizia non è chiaramente arrivata all’emisfero dei colonizzatori, perché di solito il nostro “male” non è che interessi a molti nel mondo. Ma invece è giunta a noi la vostra disperazione appena il virus ha fatto breccia nello Stivale decidendo di dare inizio al contesto apocalittico proprio nel ricco nord lombardo, padano e di pura razza italiana.
Non so se gli italiani non hanno fatto esperienza del “mal comune, mezzo gaudio” con i cinesi o il resto del mondo, ma almeno hanno toccato la fragilità del sistema umano e dell’intero pianeta, e soprattutto credo ci si sia resi conto che la campana di vetro sotto cui si è sempre vissuto non è così ermetica e può lasciare entrare impurità che probabilmente per il resto del mondo sono pane quotidiano.
Qui da noi, in Mozambico, non è scattato nessun piano di emergenza, nessun restringimento e nessun controllo. La vita prosegue come prima! Abbiamo solo un virus in più nel Paese, e nemmeno tanto grave rispetto a ciò con cui quotidianamente ci confrontiamo.
Qualche esempio: nell’anno 2016 solo nell’Africa Subsahariana sono state registrate 24,5 milioni di persone infette di HIV di cui 2 milioni sono morte! Significa il 6% della popolazione dell’Africa Subsahariana (Fonte: UNAIDS, 2006 Report on the global AIDS epidemic).
In Mozambico nell’anno 2018 adulti e bambini morti per AIDS sono stati 70.000 (Fonte: CIA World Factbook) su una popolazione di 27 milioni di abitanti.
A questi si aggiungono le vittime di malaria, che nel 2016 sono state nel mondo 429 mila, di cui il 92% appartengono all’Africa cioè 394.680 persone. Due terzi dei 429 mila sono bambini sotto i 5 anni.
A queste tristi cifre vanno aggiunte le malattie/infezioni (minori). Secondo quanto risulta all’Organizzazione Mondiale della Sanità, solo nei primi 6 mesi del 2018 in Africa subsahariana sono morte 2.516 persone a causa di malattie infettive che facilmente si potrebbero evitare.
Sono circa 4 mesi che nelle mie comunità sento ripetere un quotidiano bollettino di guerra per i morti di morbillo. Sono centinaia e centinaia i bambini che stanno morendo per questo virus includendo anche vari adulti. Potrei continuare questa lista fino a farvi rivoltare le budella, ma credo che infierire non serva…. A buon intenditore, poche parole!
Ora in Italia sono 1.051 le persone che ad oggi risultano positive al coronavirus. A queste si aggiungono 29 persone decedute e 50 guariti. Complessivamente, dall’inizio dell’emergenza sono stati dunque 1.151 i contagiati. È l’ultimo bilancio fornito dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli (1 Marzo 2020).
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Siamo tutti d’accordo che il valore della vita è un assoluto che non dipende dalla razza, dalla lingua, dal colore della pelle, dal luogo in cui si vive e nemmeno se a morire è un solo individuo o mille, giovane o anziano!
Madre Teresa ci insegnava che Vita è Vita! Punto e basta!
Però penso che conveniamo anche sul fatto che comparare le realtà dei due emisferi sia semplicemente ridicolo!
Ed è ridicolo il mondo occidentale che reagisce in questo modo senza indignarsi per le epidemie che da decenni mietono migliaia di vittime in Africa!
Ed è pure ridicolo che dentro a tutto questo fenomeno fobico e menefreghista di un mondo che non è capace di superare i confini padani, ci siano dei cristiani che ora sono preoccupati su dove andare a “prendere messa” per non perdere la “loro” santificazione!
A mio avviso è semplicemente assurdo!
Ha senso che noi tutti ci professiamo ancora cristiani se non siamo capaci di poter sentire il “mal comune” che vivono altri milioni di persone per tempi ben più lunghi di due settimane?
Ha senso che cerchiamo un prete in questi giorni per poter FARE LA COMUNIONE se noi il male COMUNE (=comunione) non lo vogliamo sentire?
La nostra comunione eucaristica rischia di diventare falsa o, peggio ancora, di diventare la nostra condanna.
Comunicarci a Gesù, di Gesù, con Gesù e in Gesù vuol dire rendere visibile questa Comunione!
Dev’essere una Comunione che va oltre al fatto di sedermi vicino a un estraneo quando vado in chiesa, dev’essere un profondo e ampio respiro sul mondo che Gesù ha amato sino alla fine dall’alto della sua Croce! Finché non sarà questo lo spirito che ci spinge siamo solo dei cristiani bigotti, conformisti e incoerenti.
A questo punto ognuno di noi provi a pensare al proverbio che apriva questo scritto e faccia un vero esame di coscienza dentro di sé per sapere che significato dá a quelle parole.
SPUNTI PASTORALI
Nella mailing list della Diocesi di Verona, segno di comunione per i preti espatriati, ricevo gli accorati appelli del Vescovo e del Vicario Generale sulle direttive da tenere come fedeli e parroci delle parrocchie.
Sento tutta la passione del pastore nel nostro Vescovo che sprona i cristiani a “santificare la festa”, come comanda il catechismo, cercando forme di preghiera alternative alla Messa comunitaria e proponendo la comunione spirituale attraverso una preghiera. Si sente lo spessore dell’uomo di chiesa e del pastore che ha bisogno di questa COMUNIONE col suo gregge che in questo momento percepisce disperso e minacciato. Leggo la sollecitudine e la precisione del Vicario Generale nel presentare le ordinanze ricevute e i suggerimenti su come vivere il segno delle ceneri e la celebrazione della domenica.
Mi giungono poi dei comunicati di alcune parrocchie dove si dice che la Messa o Rosario, si possono seguire su Youtube, Streaming, pagine web, numeri verdi, ecc….
Davanti a tutto questo mi sorgono domande profonde e forse un po’ sacrileghe.
Mi piacerebbe che la stessa gerarchia cattolica di Verona avesse la medesima preoccupazione/comunione per i cristiani delle 47 comunità che formano la mia missione dove la messa col prete ce l’hanno 2 o 3 volte l’anno quando va bene! Dove la comunione eucaristica si conta appena sulle dita di una mano se ci aggiungiamo Natale e Pasqua.
Mi domando: nel cuore dei miei superiori c’è la stessa ansia anche per i miei cristiani, compresi quelli delle altre missioni, perché possano riunirsi a celebrare l’eucarestia con un prete?
La Chiesa di Verona ha sempre meno invii di preti e laici per le missioni e tutte le nostre realtà missionarie sono in sotto numero o con tempi supplementari di alcuni missionari.
I sonni di Vescovo e Vicario Generale a Verona sono turbati da cosa proporre ai cristiani per avere ristoro nei sacramenti. Per l’emisfero subsahariano della diocesi di Verona è giusto allora che i cristiani abbiano Messa e comunione 2 volte all’anno perché non ci sono preti sufficienti da mandare?
Mi chiedo allora se la mia gente che ogni domenica celebra con l’animatore di comunità laico sia o non sia in comunione ecclesiale con tutta la Chiesa (quindi di dubbia Cattolicità) o se esistono due tipi di Cattolicità! Esiste una Chiesa Cattolica che ha bisogno di innalzare i segni a simbolo di fede non essendo capace di iniziare la Quaresima senza il gesto – e non sacramento – delle ceneri. Segno che solo ed esclusivamente il sacerdote impone anche se si è in momenti straordinari come questo; esiste una Chiesa Cattolica dove invece si deve obbligatoriamente delegare tutto alla presenza laicale incluso la benedizione e imposizione delle ceneri.
Ritengo che anche come Chiesa siamo ben lontani dal rendere vera la comunione che riceviamo nelle nostre eucarestie, magari concelebrate da tanti preti senza parrocchie e profumate di incensi e canti che ci regalano le melodie di quanto è bello essere una Unica e Santa Chiesa Cattolica.
Sinceramente da una situazione del genere mi piacerebbe che potesse nascere un “mezzo gaudio” tra la Chiesa di Verona e quella delle missioni del sud del mondo.
Sarebbe bello che ci fosse un qualche passo azzardato tipico dei profeti e dei santi che sanno leggere i tempi e scrutare quando è opportuno osare per scavalcare le barriere della polvere, del conformismo e della tradizione bieca che spesso ci impedisce di volare sulle ali dello Spirito: un invito ai cristiani a ritornare alle origini della Chiesa (Atti 2,42ss) in cui ci si riuniva nelle case nello spezzare il Pane della Parola.
Desidererei che in una delle ordinanze dalla Curia vescovile ci fosse scritto che i fedeli potevano santificare la festa riunendosi dentro il proprio condominio, nella propria casa e che si celebrasse la liturgia della Parola sentendo che quella Parola accomuna il mondo intero e rende davvero la Chiesa Cattolica, cioè universale.
Chissà quanti parroci invece di affidare il nostro più Sacro a Youtube, Streaming, ecc. hanno invitato qualche laico a venire a raccogliere l’eucarestia in parrocchia per portarla nei “cenacoli” dei condomini o degli appartamenti dove si viveva la celebrazione della Parola?
Sarebbe bello che Gesù entrasse a vedere le case della sua gente abbandonando gli incensi, gli ori degli ostensori e i marmi dei tabernacoli e tornasse nuovamente σάρξ (sarx, carne) tra l’umanità.
Gesù potrebbe così passare in tanti giro scala dove si respira indifferenza e distacco, scrutare le fotografie dei lutti appese ai muri delle case e sedere sui divani su cui tante mamme aspettano i figli rientrare la notte… Magari sbircerebbe qualche bolletta della luce non pagata di qualche pensionato per colpa di una pensione troppo corta e stretta per le alte esigenze della società moderna… E forse Gesù sarebbe spezzato nella casa di qualche divorziato o convivente sentendone tutta la sofferenza e chiedendogli magari di far COMUNIONE con lui.
Forse stiamo perdendo un’occasione in cui i cristiani potrebbero diventare forte testimonianza in qualche atrio di condominio e missionari in casa propria, invece ci stiamo lasciando vincere ancora dall’individualismo e non dalla comunione!
Abbiamo affidato la nostra comunione ai potenti mezzi digitali in modo che ognuno, da solo, in qualsiasi momento potesse godersi la sua Messa in santa pace. Che contraddizione!!
Ciò che per eccellenza esprime la comunione l’abbiamo reso fatto privato e segreto, ma almeno abbiamo salvato le ortodossie cattoliche occidentali!
Prevale così ancora la logica del nostro orticello che va salvaguardato e rispettata la manciata di regole cristiane che sentiamo necessarie per definirci tali. I laici rimangono nei banchi o nelle poltrone di casa ai loro posti e la gerarchia ne è rimasta illesa, sacra.
Desidererei che la mia Chiesa di Verona potesse sentire un “mezzo gaudio” facendo l’esperienza che molte genti cristiane fanno nel mondo d’oggi! Che bello se si avesse il coraggio di prendere questa palla al balzo per vivere più apertura, magari mettendo a rischio qualche formula liturgica della quaresima, ma sentendo che in quel momento i cristiani sono responsabili di “far loro quaresima” e non di delegarla all’azione liturgica di un sacerdote addetto ai lavori della sacrestia. Si sentirebbe così tutto il peso del protagonismo di ogni battezzato e santificando la domenica più che in qualsiasi altra messa trasmessa in TV.
Anche i laici ne escono altrimenti sconfitti! Come cristiani adulti e maturi dovrebbero sentire il bisogno di dire al loro Vescovo e al loro parroco: “Ci pensiamo noi a santificare la domenica! Non serve che ci registriate la Messa preconfezionata. La Bibbia la sappiamo leggere e meditare.”
Diversamente ritengo ciò un’umiliazione e una mancanza di corresponsabilità.
Il giorno che io ho un imprevisto e non arrivo nella comunità per la Messa programmata, la comunità inizierà la celebrazione e “santificherà” la domenica anche se il prete non è riuscito ad arrivare.
Perché ci sono due Chiese così diverse?
Nei 16 lunghi anni di guerra civile in Mozambico i missionari non potevano girare per visitare le diverse comunità spesso lontane e in luoghi di forte guerriglia. In questo contesto i cristiani hanno assunto la vita cristiana delle proprie comunità con la responsabilità della catechesi, delle celebrazioni, di andare a prendere la comunione alla missione passando per le boscaglie minate.
Tutt’ora è così, ma senza guerra per fortuna! Di preti, nel mio caso, ce n’è uno per un territorio di 90km², 15/20 mila cristiani divisi in 47 comunità che significano 47 chiese in cui celebrare. La settimana scorsa abbiamo aperto la catechesi con un centinaio di catechisti e 950 catecumeni a livello di tutta la missione spalmati sui 3 anni del catecumenato. Tutto ciò è portato avanti dalla presenza dei laici che organizzano, promuovono e sostengono!
Mi chiedo cosa avverrà invece a Verona quando non ci saranno più preti? Ci confesseremo su skype? Magari i nostri templi di preghiera saranno caratterizzati da un grande schermo dove il vescovo con una sola Messa celebrata raggiungerà le 370 parrocchie della diocesi?
COCLUSIONE
Penso che come diceva il Concilio Vaticano II, dovremmo osare di più nel leggere i “segni dei tempi” e ogni tanto cercare di pensarci un po’ più capaci di portare insieme i pesi degli altri perché li capiamo e li sentiamo anche nostri.
Forse i tempi non sono ancora maturi, forse le nostre antiche diocesi fanno oggi giorno più fatica di un tempo a liberarsi dalle millenarie tradizioni e non riescono a scorgere fessure dove lo Spirito ci invita a passare senza paura ma credendo in Colui che tutto può!
Rischiamo altrimenti di trasformarci in un resto di Chiesa fatta di conformisti e burocrati incapaci di vivere “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et Spes).
Che il Buon Dio in questa quaresima doni a tutti noi il dono della conversione sincera!
P. Silvano Daldosso
Missionario Fidei Donum in Mozambico
Qualcosa sta crescendo
25 gennaio 2020
Le semine stanno mostrando le nuove pianticelle.
Speriamo prosegua tutto bene per poter arrivare ad abbondanti raccolti.
La nostra mandioca sta prendendo forza La nostra mandioca sta prendendo forza La nostra mandioca sta prendendo forza Anche le arachidi
stanno crescendoAnche le arachidi
stanno crescendoSeccaggio del fieno
per le capre
NON C’ERA POSTO PER LORO
Mozambico (Missione di Cavá) 23/12/2019
NON C’ERA POSTO PER LORO (Luca 2,7)
- Tienimi il posto…
- Cercami un posto…
- Ho bisogno di un posto…
- Lasciami il tuo posto…
- Il posto fisso…
- Al solito posto…
Espressioni che usiamo tutti i giorni. Tutti noi abbiamo bisogno di demarcare un posto fisico o spirituale che sia. Lo cerchiamo, lo desideriamo, lo sentiamo vitale e non ne possiamo fare a meno. C’è bisogno di ricoprire un posto nella società, nella sfera affettiva, nell’ambito lavorativo. Ci sono “posti affettivi” che ci fanno respirare e ci danno vita. Ci sono posti necessari per vivere come la scuola, l’ospedale, la casa, ecc.
Per avere o sentire questo POSTO fatichiamo, ci sacrifichiamo, tradiamo, mentiamo, sgomitiamo, sprechiamo, inganniamo…..ma lo dobbiamo avere!
Il Natale ci presenta il dramma di una famiglia che il posto non ce l’ha!
E’ una famiglia senza un posto culturale e sociale. Giuseppe è sposo di Maria, ma non padre del figlio che sta per nascere. I due sposi si appartengono, ma di fatto sono soggetti ad altre leggi che gettano nel caos il loro posto identitario. Giuseppe che posto occupa in questa famiglia? Chi è lui? Che documenti avrà il figlio che nasce?
Questa coppia sta andando a fare un censimento per avere un posto nel mondo, per dire “esisto anch’io”. Per avere questo posto devono camminare, partire, lasciare il posto casa per vivere in un posto precario… forse clandestino!
Giunti a Betlemme sono in un posto nuovo, sconosciuto e hanno bisogno di un posto per alloggiare. Maria cerca un posto per dare alla luce il suo primogenito. Cerca un posto per partorire ma senza avere un posto affettivo fatto di familiari o amiche che possano assisterla nel parto come è normale che sia.
Non c’era posto per loro!
E’ un dramma. Una tragedia. Una ingiustizia.
Noi cristiani, vescovi, preti, laici ne facciamo una festa… Ma come? Sì, è così. Incenso, candele, abiti di lusso, panettoni, spumanti, luci, vacanze, tredicesime….occupiamo posti senza lasciare posto a Chi lo merita!
Non ci ricordiamo di quanti anche oggi come allora non hanno un posto, anzi non vogliamo ricordalo perché ci fa andare di traverso il boccone di torta che abbiamo appena ingerito.
Eppure da dove mi trovo, se alzo un attimo lo sguardo, vedo tanti “senza posto” che annaspano nelle zone d’ombra dell’umanità.
Vedo che qui da me 30 bambini su 1.000 nati non trovano posto nel grande spazio della vita, non hanno questa fortuna.
La mia gente in Mozambico non trova un posto per curarsi degnamente perché esistono 0,4 medici ogni 10.000 abitanti.
Sono 480 donne su 100.000 nati vivi che ci hanno rimesso la pelle al parto in una delle tante grotte di Betlemme del mio Mozambico. Anche per queste non c’era stato il posto per partorire, né per rimanere nella vita, né per avere un posto come madre.
Anche per gli 87 bambini con meno di 5 anni tra i 1.000 nati non c’è posto in questo mondo e muoiono spesso ancora prima di essere censiti. Dei restanti il 43% non ha un posto per mangiare adeguatamente e soffre di malnutrizione cronica e il 20% di malnutrizione grave.
In Africa 2,4 milioni di persone non hanno un posto per accedere a servizi igienici sufficienti. Dei 25 paesi al mondo con meno accesso all’acqua 19 sono in un posto che si chiama Africa. Nelle zone rurali dove vive la mia gente solo il 26% delle persone ha un posto dove accedere all’acqua.
Scorrendo le cifre e le statistiche vedo però che il Mozambico un posto lo occupa ben saldo: è al 180º posto su 189 paesi secondo lo Human Development Index di UNDP. Ottimo posto!!!!
Qualcuno leggendo queste righe avrà già pensato e detto: “rimaniamo ognuno al nostro posto!”, o “dal mio posto che cosa posso fare?”, o magari “io sono nato al posto giusto”.

Niente paura! Rimaniamo pure a occupare i nostri posti nei banchi in chiesa, o nei ristoranti, o accanto a qualche bel camino farcito di carni succulenti. Infondo i “senza posto” della terra riusciranno lo stesso a rendere presente l’incarnazione di duemila anni fa! Le Betlemme di oggi si riempiranno di uomini, donne e bambini senza posto, ma che sapranno aprire ere nuove, ere di salvezza. Il Messia-bambino che incensiamo, che brindiamo, che illuminiamo nel presepio è un “senza posto” che ha stravolto le regole del gioco, quel gioco che il mondo di oggi prevede e che cioè i “senza posto” debbano rimanere nelle zone d’ombra e in silenzio. Quel bambino ha gridato al mondo che dobbiamo scegliere i poveri e la povertà, tutto il resto sono solo luminarie e festoni che il 26 dicembre ritorneranno negli scatoloni in soffitta.
La famiglia di Nazareth, dei poveri “senza posto”, ci invita a osare, a puntare in alto, a credere che cambiare le regole del gioco è possibile! Celebrare il Natale è portare in grembo la voglia di rivoluzionare il mondo in cui viviamo perché tutti hanno diritto di avere e occupare un posto!
Mi auguro e auguro a voi che sappiamo FAR POSTO a questo MESSIA SENZA-POSTO che sta per irrompere silenzioso nella storia dell’umanità!
Signore Gesù, vieni! Da noi c’è posto!
Buon Natale!
Don Silvano Daldosso
prete Fidei Donum in Mozambico
NATALE DI CARITA’ 2019 – MOZAMBICO
Presentazione progetto Mozambico (Studentato di Cavà) – Centro Missionario di Lodi
Alza gli occhi intorno e guarda
SUORE MISSIONARIE FRANCESCANE e CRESIME A MEMBA
Cavà – Memba 06.06.2019
In questi giorni siamo stati benedetti dalla grazia del Signore.
Abbiamo avuto in visita per 10 giorni le suore Francescane Missionarie di Rimini che sono venute con l’intento di valutare una possibile apertura di una casa nella nostra missione e precisamente a Memba con attività di promozione della donna.
Le due suore in visita erano la Madre Generale e la Segretaria della congregazione.
Sono stati giorni molto belli e carichi di emozione perché la nostra gente è affamata di Dio e sa come chiederlo!
Poi nei giorni 5 e 6 di giugno sono coincise anche le Cresime con la presenza del vescovo.
Insomma giorni intensi ma molto belli. Vi mando qualche immagine per dar lode a Dio con me e per chiedere la grazie di una congregazione femminile in questa missione di Cavá-Memba.
Pe Silvano
Visita agli spazi della Missione e al terreno per la loro casa
Durante le Cresime a Memba e Cavà –
ANCORA GRAZIE DALLA CURIA DI BEIRA per le parrocchie di Corbiolo e Lughezzano
I COMBONIANI REAGISCONO
Rosario elettorale
Noi Missionari Comboniani in Italia siamo schierati. Portiamo nel cuore il Vangelo che si fa strada con le Afriche della storia. Che non scende a compromessi e strategie di marketing. Né elettorali né di svendita becera dei piccoli in nome del denaro.
Ci indigna profondamente l’utilizzo strumentale del rosario, baciato sabato scorso in piazza Duomo a Milano dal ministro dell’interno, chiedendo voti alla Madonna. Rosario che è segno della tenerezza di Dio, macchiato dal sangue dei migranti che ancora muoiono nel Mediterraneo: 60 la settimana scorsa, nel silenzio dell’indifferenza dei caini del mondo.
Ci rivolta dentro il richiamo ai papi del passato per farne strumento della strategia fascista dell’esclusione degli ultimi. Di chi bussa alle nostre porte chiedendo di aprire i porti. Come la nave Sea Watch di queste ore. Nave che accoglie chi scappa da mondi inquinati dai gas serra della nostra sete di materie prime per mantenere uno stile di vita sempre più insostenibile. Che pesa sulle spalle degli impoveriti.
Ci ripugna il richiamo alla vittoria elettorale in nome della madre di Gesù di Nazareth che cammina con gli “scarti” del mondo per innalzare gli umili. Sempre dalla parte dei perdenti della globalizzazione dei profitti. La carne di Cristo sulla terra. “Ero forestiero e mi avete accolto” (Mt 25,35)
Ci aggredisce l’arroganza d’invitare la gente a reagire durante le celebrazioni in chiesa di fronte ai preti che predicano “porti aperti”. Dettando legge in nome dei vescovi.
Ci dà coraggio e ci fa resistere, contro questa onda di disprezzo e disumanità, condividere il sogno di Dio: ridestare la speranza tra la gente che un mondo radicalmente altro, interculturale, aperto, inclusivo e solidale è urgente e dipende da ognuno di noi. Da chi non tace e, con la determinazione della nonviolenza del Vangelo, grida con la sua vita che non ci sta con il razzismo dilagante di chi vuole stravolgere l’immagine vera del Dio della vita.
I Missionari Comboniani ci sono. Alzano la voce. Scendono in strada, non fanno calcoli e stanno da una parte precisa. Quella degli oppressi da un’economia che uccide. Prima e sempre.
Missionari Comboniani d’Italia
Verona, 20 maggio 2019
IMPERATIVO DI COSCIENZA
Mozambico, 20 maggio 2019
Imperativo di coscienza
Anche se vivo lontano da parecchi anni dalla mia patria con la buffa forma di stivale e chiamata ancora con estremo ardimento Belpaese, ogni tanto mi interesso di quello che una certa “bassa politica” ancora estrae dal cilindro di questa amata terra. I “maghi” di turno sanno far apparire il povero Stivale sempre e solamente come capace di calci nel sedere al genere umano, calpestandone i diritti e la dignità. Dignità di chi è nello Stivale come elettore e cittadino e dignità di chi cerca in esso un’accoglienza. Insomma, tutti ne escono lesi profondamente e sembra che a molta gente, affetta dalla sindrome del gregge, vada bene così. Anche alcuni cristiani sembrano aver frainteso le parole del Maestro che dicevano che siamo pecore di un gregge e di conseguenza hanno scelto di prendere alla lettera le sante parole di Gesú cercando di non pensare, non vedere, non parlare. Capo del gregge sembra essere un Ministro estratto dallo stesso cilindro delle sciocchezze che rispetta i trucchi del caso. Il suddetto Ministro degli Interni (mai esistito un titolo più adatto visto il ripiegamento sul suo medesimo ombelico), ha dichiarato in questi giorni che molti preti, missionari, vescovi e cardinali sono pienamente d’accordo con la sua linea repressiva, offensiva, razzista. Lo stesso afferma che questi “pastori d’anime” (che dovrebbero quindi occuparsi del lavoro contrario a quello fatto dal Signor Ministro) avrebbero pure inviato messaggi di incoraggiamento al suo cellulare. Mi auguro che questo sia solo un linguaggio mediatico che mira a una bieca demagogia e non corrisponda al vero. A scanso di equivoci come cristiano, prete e missionario in terra d’Africa mi sento chiamato in causa con molta forza e mi si impone un imperativo di coscienza che è quello di prendere le distanze da tali regimi demagogici. Come cristiano sono chiamato ad obbedire alla Parola del Salvatore e non al “potere romano” che già in tempi passati voleva soffocarne la forza dell’annuncio salvifico. E il messaggio del Vangelo è questo:
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Come prete e come missionario al servizio dell’Africa non accetto e mi oppongo allo stile portato avanti dal Ministro degli Interni Salvini. Assumo le distanze dai pastori che si sono trasformati in mercenari o addirittura in lupi feroci contro lo stesso gregge che dovrebbero servire. Mi distanzio da quella parte della mia stessa Chiesa (se esiste) che davvero fosse allineata con questa follia umana che non rispetta i diritti più fondamentali. Guardo con sgomento i cristiani che come, il Signor Ministro, si professano tali pur abbracciando ideologie di repressione della vita del prossimo o si lasciano infettare dal morbo dell’omertà. Mi vergogno di essere riconosciuto cittadino di un paese che opera politiche di violenza e repressione contro altri popoli. Incoraggio gli italiani, in particolare i cristiani, i preti e i vescovi, che già da tempo lottano contro questa ipocrisia e bassa politica, a non demordere e ad alzare la voce, a scendere in piazza, a denunciare, a scioperare, a bloccare l’economia del Paese se fosse necessario.
Il monito del Vangelo è forte e chiaro:
«Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». Anch’essi allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me». E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Concludo queste poche righe con due frasi di Nelson Mandela, premio Nobel per la pace nel 1993. Mandela fu il primo presidente sudafricano a essere eletto con suffragio universale e il primo non bianco a ricoprire tale carica; attivista per i diritti civili e avvocato, aveva scontato 27 anni di carcere per la sua opera di lotta all’apartheid e del quale certi ministri d’oggi non sono nemmeno degni di pronunciarne il nome perché “fanno politica” senza “essere politici”!
- La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi, pesano sulle spalle di tutti.
- Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione e della classe alla quale appartengono. Gli uomini imparano ad odiare e, se possono imparare ad odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore per il cuore umano, è più naturale dell’odio.
P. Silvano Daldosso
BEIRA – Mozambico – COMMISSIONE DIOCESANA DI CARITA’
06 Maggio 2019
La Commissione Diocesana di Carità di Beira (zona centrale del Mozambico), invia il grazie per gli aiuti ricevuti ed illustra la situazione ancora molto critica, creatasi a seguito dell’enorme ciclone (Idai) che circa due mesi fa, ha devastato e quasi totalmente distrutto, la città di Beira e la provincia di Sofala.