IL GRAZIE DI Don SILVANO DA CAVA’ per gli aiuti ricevuti per gli sfollati

Paróquia Imaculada Conceição de Nossa Senhora – Cavá  – Diocesi di Nacala – Distretto di Memba

Carissimi amici, famiglie, gruppi missionari, parrocchie, associazioni,

          mi faccio presente con queste poche righe per ringraziarvi della vostra meravigliosa generosità che sta rendendo possibile un piccolo miracolo. Sono stati raccolti fino ad ora 26.907 Euro, frutto della vostra generosità e della vostra voglia di condividere il dramma che si vive qui.

Come gìà vi scrivevo la situazionde della vicina Provincia di Cabo Delgado è molto tragica e instabile per i continui assalti degli estremisti islamici (vedi articoli pubblicati sul sito www.donsilvano.org).

Attualmente gli sfollati arrivati nella mia Provincia di Nampula superano le 6.200 persone, insediandosi in una quindicina di Distretti Amministrativi. Nella maggior parte dei casi questi uomini, ma soprattutto donne e bambini, sono ospiti di altre famiglie. Trovano alloggio in famiglie con legame parentale o semplicemente perchè provengono dalla stessa zona. Ogni legame esistente diventa un appiglio per una possibile salvezza. Le famiglie raddoppiano o, in alcuni casi, triplicano il numero delle persone nella stessa capanna arrivando a 20/25 a volte 30 persone. Cibo, coperte (siamo nel tempo freddo e di notte si arriva anche a 16/17 gradi), stuoie, piatti, pentole, acqua…. tutto è insufficiente!!! 

Attualmente nel territorio della mia Diocesi di Nacala sono presenti oltre 2.166 sfollati come riassunto nella tabella che segue:

Si nota facilmente come il flusso è in continuo aumento e come si espanda ad altri Distretti che a inizio fenomeno non contavano sfollati. I dati della tabella sono aggiornati al 27 luglio, ma nel momento in cui vi scrivo sono certamente aumentati perché il flusso di arrivi è giornaliero.

Come Diocesi di Nacala ci siamo mossi con la Caritas Diocesana che ha costituito una equipe di emergenza (una quindicina di persone), a cui io faccio parte, coordinata da Elena e affiancata da Gloria (laiche fidei donum di Lodi e Bergamo che lavorano nella missione con me). L’equipe si è messa in rete con il Governo mozambicano e tutte le altre associazioni, ONG’s e enti (compreso l’ONU-World Food Programme) che si occupano del problema.

Si sta quindi lavorando in rete dividendosi i compiti perché da soli non è possibile far fronte a questo dramma umano. La gente è scappata a piedi, spesso di notte passando giorni in foresta. Hanno lasciato tutto e ora arrivano da noi senza nulla, carichi solo della violenza vista. Il raccolto quest’anno è stato poverissimo e quindi anche per le famiglie che ospitano è difficile reperire cibo sufficiente. Si rischia quindi la tragedia nella tragedia. Le prime settimane bisognava “fare presto” e tamponare la situazione finché si riusciva a mettere in piedi un piano di emergenza stutturato e a repirere i fondi. La gente aveva bisogno di mangiare e non poteva aspettare.

Le prime vostre offerte hanno permesso di far questo primo intervento garantendo il cibo necessario. Dio sa quanto siete stati utili e segno della Provvidenza!!!! L’equipe della Caritas ha quindi bussato a varie porte ed è riuscita a trovare due parteners per un progetto di 6 mesi di appoggio alimentare. Sono quindi arrivati i fondi di CAFOD (ente caritativo della Chiesa Cattolica inglese, la nostra Caritas per capirsi) e MANOS UNIDAS (ONG spagnola per lo sviluppo). Queste due realtà ci permettono di acquistare 250 kits alimentari completi di pentole, coperte e stoviglie per 6 mesi.

Un kit significa che serve una famiglia di 8 persone in media e quindi un appoggio di circa 2.000 persone con distribuzione mensile. Da quando è stato presentato il progetto ad ora vedete che i numeri ci hanno già superato. Ora, grazie al resto delle vostre offerte, potremo aumentare i kit a 340 in modo da servire 2.720 persone circa.

I 26.907 Euro da voi inviati, sono stati quindi consegnati all’equipe di emergenza della Caritas perché potesse tamponare la situazione durante le prime settimane di arrivi e ora per aumentare i kits mensili previsti essendo in continuo aumento il numero di persone.

Da dicembre in poi si prevede una seconda fase che non mira più solo ai bisogni primari, ma anche ad un inserimento nel contesto sociale attraverso progetti e attività di scuola, agricoltura, impiego, ecc.

Ringrazio tutti quanti voi e vi abbraccio uno ad uno perché so che il momento presente non è facile per nessuno e tante famiglie vivono nelle ristrettezze economiche, ma credo che il recitare il Padre Nostro tutti giorni ci imponga gesti eroici di questo tipo. GRAZIE! Vi ricordo tutti nella mia povera preghiera! Dio vi benedica!

Don Silvano Daldosso

P.S. Se qualcuno dovesse ancora depositare la sua offerta lo può fare specificando la causale “sfollati” sui conti bancari che si trovano sul sito www.donsilvano.org.

Scrive ELENA da CAVA’ E MEMBA

COORDINAMENTO AIUTI AGLI SFOLLATI A CAUSA DEL COVID – 19 [ cibo e beni di prima necessità]

Mi piace condividere un po’ con voi il punto della situazione anche per rendervi partecipi più da vicino nonostante credo che Don Silvano vi informi puntualmente su tutto. I flussi di sfollati purtroppo sono in aumento e grazie a Dio anche se in Africa sembra sempre tutto disorganizzato, esiste invece sulla rete di istituzioni governative e non governative un buon coordinamento che ci permette di non duplicare gli aiuti e non dimenticarne altri.

Col WFP (agenzia delle nazioni unite) per esempio ci siamo accordati sul tipo di alimenti da comprare per integrare quello che loro distribuiscono e le liste nominative degli sfollati che sono costantemente aggiornate.

Oltre agli aiuti immediati che abbiamo canalizzato ai diversi parroci coinvolti per l’acquisto dei beni di prima necessità (cibo e sapone), nei tempi più brevi compatibilmente con tutta l’organizzazione coi fornitori necessaria per strutturare sei mesi di aiuti, abbiamo pianificato per la prossima settimana la distribuzione di cibo e utensili per la casa (padelle, piatti, secchi, coperte ecc.). Si tratta di un camion di 18 tonnellate che partirà lunedì da Nampula fermandosi in quattro distretti. Ci vorranno due giorni di viaggio per completare tutta la distribuzione e nei giorni seguenti ci sarà la consegna vera e propria. Abbiamo formato dei collaboratori individuati dai parroci in ogni parrocchia che seguiranno le varie operazioni. Io, Gloria e Don Silvano seguiremo direttamente tutte queste fasi (trasporto e distribuzione). Questa operazione si ripeterà poi mensilmente fino a dicembre.

Allo stesso tempo abbiamo previsto delle attività di sostegno psico-sociale per i bambini. Si tratta di educatori (ne abbiamo selezionati 2 per distretto e così un totale di 8) che, compatibilmente con le misure di sicurezza previste per la prevenzione del Covid-19 che probabilmente ci costringeranno ad attività domiciliari o a aggregare piccoli gruppi, seguiranno i bambini sfollati per cercare di accompagnare il loro stato psico-fisico e prevenire, al tempo stesso, fenomeni di traffico umano e prostituzione. Anche questo tipo di attività sono previste per sei mesi e abbiamo organizzato una formazione specifica di quattro giorni per gli educatori a inizio agosto.

Vi mando un grande abbraccio sempre carico di tutta l’amicizia, la stima e l’affetto che posso e vi chiedo una preghiera affinché tutte queste attività della prossima settimana possano avvenire senza intoppi. Ancora grazie di cuore

Elena

La presenza del jihadismo in Mozambico
Nonostante la mobilitazione della polizia e militari per l’intera regione settentrionale del Mozambico, la violenza non è diminuita, il che ha già causato la fuga di oltre 160.000 persone da uno scenario di guerriglia.

SFOLLATI

DA LEGGERE !!!

Cavà (Mozambico) 18/6/2020

Carissimi amici,

la pandemia Covid-19 ci ha ribaltato dentro e fuori come dei calzini e forse possiamo dire: “meno male!”. Qui in Mozambico siamo ancora in piena quarantena e al terzo mese di isolamento. I casi sono molto pochi rispetto all’Italia, ma in continuo aumento.

Il Coronavirus però non è la nostra più grande preoccupazione in questo momento, perché c’è un male più grande che sta mietendo molte più vittime della pandemia e in un modo molto più crudele. Ci troviamo davanti a un dramma umanitario che ci fa sentire tutto il peso di una umanità ferita, maltrattata e spinta alla fuga.

Casella di testo: Figura 1: Caserma della Polizia assaltata dai fondamentalisti nel mese di Maggio

Figura 1: Caserma della Polizia assaltata dai fondamentalisti nel mese di Maggio

L’attuale emergenza in cui la nostra Diocesi di Nacala si trova ha origine nell’impennata di violenza nella Provincia di Cabo Delgado, il cui confine si trova appena a 70 km dalla mia missione. Da circa 3 anni la gente vive quotidianamente sotto la minaccia del fondamentalismo islamico che ha come obbiettivo il creare la Provincia dell’Africa Centrale, dentro quello che è definito lo Stato Islamico. Si tratta di un fondamentalismo importato dal Congo, Kenia, Tanzania e che ora sta arruolando tra le sue fila anche molti mozambicani che vengono convinti a suon di quattrini.

Le persone che vi aderiscono ricevono soldi, lavaggio del cervello e addestramento. Si fanno convinti che la vera religione è l’Islam fondamentalista (anche quello moderato è rifiutato!) e che l’unica forma di riscatto e di trovare giustizia in un paese fortemente corrotto è farne parte.


Figura 2: Interessante video della BBC (clicca sul link in basso)
https://www.bbc.com/news/world-africa-52532741

Le persone sentono di essere dei liberatori inviati da Dio col compito di ripulire tutto quello che il mondo occidentale ha traviato e inquinato.   

Il bollettino di guerra da mesi è sempre lo stesso: attacchi a villaggi, incendi di case e campi, decapitazioni, sgozzamenti, morti, morti, morti… tanti, troppi! Sono circa 3 anni che si continua così ma come sempre nessuno ne parla, nessuno interviene. Lo stesso governo mozambicano non sa che pesci pigliare. All’inizio è stata messa in campo la polizia locale, poi l’esercito, infine le forze speciali dell’esercito. Sforzi vani!

I gruppi armati sono di cellule difficili da individuare, un nemico invisibile: non c’è una divisa a cui sparare e usano la tattica della guerriglia e questo rende difficile sapere dove e quando attaccheranno. Si muovono in piccoli gruppi (cellule appunto) ognuna di esse autonoma e rendono Cabo Delgado un labirinto minato.

Figura 3: Campi di addestramento nella boscaglia

Il governo negli ultimi periodi è ricorso a risposte armate “non ufficiali”, dapprima con mercenari russi e poi con quelli sudafricani. Purtroppo il risultato non cambia: la gente muore! Negli ultimi mesi il fenomeno è sfuggito di mano e cresce a dismisura.

Ora gli attacchi non sono più rivolti a piccoli e sperduti villaggi, ma a grossi centri abitati (sedi di distretto) fino ad arrivare a soli 30 km da Pemba, cittadina capoluogo della Provincia, dove i fondamentalisti sono stati respinti dai mercenari sudafricani.

Migliaia di persone stanno fuggendo dalle loro case abbandonando il poco che avevano. Si scappa nella boscaglia, ci si nasconde, chi ha qualche spicciolo in tasca prende un mezzo di trasporto e scappa più lontano possibile da questo terrore che non guarda in faccia né alle donne né ai bambini.

Secondo l’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati a febbraio c’erano già 100.000 persone sfollate, ma oggi sappiamo essere molte di più, sicuramente più di 200 mila. Solo dall’inizio dell’anno, ci sono stati 28 attacchi in 11 dei 16 distretti amministrativi che compongono la regione, che è una delle meno sviluppate del Mozambico nonostante sia molto ricca di risorse naturali (si trova qui uno dei più grandi giacimenti al mondo di gas naturale, oltre che miniere di rubini…).

Figura 4: Famiglia di sfollati arrivati nella nostra Diocesi

Alcune di queste persone, bambini, ragazzi e donne, fuggono nella savana, dormono all’aperto e oltre a non avere da mangiare hanno un accesso molto limitato all’acqua potabile, vivendo in condizioni che mettono a rischio anche la loro salute. Ma l’esodo degli sfollati si allarga a macchia d’olio oltrepassando i confini della Provincia di Cabo Delgado.

Circa 1.500 sono già arrivati nella città di Nampula, capoluogo della nostra Provincia. Altri 500 circa sono in 2 distretti che distano rispettivamente 60 km e 130 km da me e che appartengono al territorio della diocesi di Nacala.

I numeri cambiano di continuo e il fenomeno è destinato a crescere.


Figura 5: Famiglia di sfollati arrivati nella nostra Diocesi

La gente che sta arrivando da noi e che è riuscita a fuggire è testimone di omicidi, mutilazioni, torture e case in fiamme insieme a piantagioni e attività commerciali. Il Governo non ha nessun piano di emergenza e gli sfollati sono ora ospitati in famiglie. Nella stessa capanna di paglia che ospita normalmente 8/9 persone già in condizioni precarie, se ne aggiungono altrettante così 18/20 persone vivono nella stessa capanna in condizioni alimentari, igieniche e sanitarie insufficienti. La stagione del raccolto quest’anno è stata molto povera, soprattutto di fagioli quindi il cibo nelle case è anche meno del solito. In casa non c’è spazio, l’acqua non basta, la latrina (dove c’è) ha costantemente la fila. Le pentole e i piatti non sono sufficienti, non esistono coperte per tutti e si dorme ammucchiati come cani.

In attesa che i grandi della terra (ONU, UNCHR, ecc.) facciano delle scelte in qualche comodo ufficio con sedie di pelle e deumidificatore per respirare aria più leggera delle loro coscienze, la nostra diocesi e le parrocchie si sono mosse.


Figura 6: Incontro delle Commissioni Diocesane con le autorità politiche del Distretto

La gente qui non celebra l’Eucarestia da mesi ma la vive tutti i giorni! Le famiglie aprono le porte di case senza porte e dividono il poco che hanno. L’ospitalità si dà sempre e comunque, è sacra. Non importa se chi arriva è terrorizzato, affamato, forse ammalato di covid-19 o un potenziale fondamentalista islamico infiltrato, si accoglie sempre.

La gente offre, soldi, manciate di prodotti, un po’ di zucchero….TUTTO FA EUCARESTIA!


Figura 7: Consegna di alimenti da parte di alcuni missionari

Le commissioni sociali della diocesi (Caritas, Giustizia e Pace, Migranti e Sfollati) si sono messe all’opera e mostrano tutta la bellezza del Vangelo vissuto. Arrivano gli appelli alle nostre povere missioni e raschiamo il fondo di un barile di una situazione economica fin troppo spremuta. Raccogliamo riso, farina, zucchero, sapone e mandiamo tutto alla Caritas… poi il Signore penserà anche a noi.

Giorni fa si sono realizzati due incontri con le amministrazioni locali dei distretti in cui sono ospitati gli sfollati. La diocesi cerca di scuotere il Governo e sta spingendo perché ci sia collaborazione. Stiamo presentando un piano di emergenza ad alcune organizzazioni internazionali che si sono dimostrate disponibili ad aiutare, ma per tutto questo servono i tempi della burocrazia… due settimane forse tre, ma la gente non può aspettare a mangiare! Ogni briciola di cibo allunga la vita di tante persone fino all’intervento di questi aiuti esterni.

Si sta pensando di allestire un campo per alleggerire le famiglie che ospitano gli sfollati. Insieme Governo e Chiesa siamo stati a vedere lo spazio, a valutarlo. Si lavora insieme ed è difficile ma bello!


Figura 8: Sopraluogo al terreno che ospiterà il campo di accoglienza

Le nostre catechesi, pastorale, formazioni, Messe sono ferme da 3 mesi per la pandemia, ma non per questo non siamo Chiesa: ora è il tempo della CARITA’ che rende autentica l’eucarestia che celebreremo domani. Pregate per tutto questo Corpo di Cristo martoriato e in fuga!

Don Silvano Daldosso

Nuove violenze nel nord del Mozambico costringono migliaia di persone a fuggire

Sono già oltre mille gli sfollati arrivati anche nella nostra diocesi e crescono di giorno in giorno. Ricordateci !!!

Don Silvano

07 febbraio 2020     UNHCR – MOZAMBICO

Nuove violenze nel nord del Mozambico costringono migliaia di persone a fuggire

Questo è un riassunto di ciò che è stato detto dal portavoce dell’UNHCR Andrej Mahecic – al quale può essere attribuito il testo citato – durante la conferenza stampa di oggi al Palais des Nations di Ginevra.

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sta aumentando la sua risposta nella provincia di Cabo Delgado in Mozambico, dove la recente escalation di violenza ha costretto migliaia di persone a fuggire per le loro vite. Almeno 100.000 persone sono ora sfollate in tutta la provincia.

Negli ultimi mesi c’è stato un drammatico aumento di attacchi brutali da parte di gruppi armati, con le ultime settimane il periodo più instabile da quando gli incidenti sono iniziati nell’ottobre 2017. In totale, almeno 28 attacchi sono stati effettuati nella provincia dall’inizio dell’anno. Gli attacchi si sono ora diffusi in nove dei 16 distretti di Cabo Delgado. La provincia è una delle parti meno sviluppate del Mozambico. Gli attacchi si stanno ora diffondendo nei distretti meridionali di Cabo Delgado, spingendo la gente a fuggire a Pemba, la capitale della provincia. Uno degli ultimi incidenti è avvenuto a soli 100 chilometri da Pemba.

I gruppi armati hanno preso di mira casualmente i villaggi locali e terrorizzato la popolazione locale. Quelli in fuga parlano di omicidi, mutilazioni e torture, case bruciate, raccolti distrutti e negozi. Abbiamo notizie di decapitazioni, rapimenti e sparizioni di donne e bambini.

Gli aggressori a volte avvertono la popolazione locale dove e quando colpiranno, creando panico mentre le persone si precipitano a fuggire dai loro villaggi. La maggior parte lascia tutto alle spalle, non avendo tempo di prendere oggetti personali, cibo o documenti di identità. Finora centinaia di villaggi sono stati bruciati o ora sono completamente abbandonati mentre gli aggressori svolgono una vasta e indiscriminata campagna di terrore. Anche le istituzioni governative sono state prese di mira.

I civili sono fuggiti in molte direzioni, comprese le piccole isole, dove molti non hanno nessun posto dove stare. Alcuni, tra cui molti bambini e donne, dormono male e hanno un accesso limitato all’acqua pulita. La maggior parte degli sfollati interni (IDP) si sono rifugiati con famiglie o amici aggiungendo pressione alle risorse locali già scarse. Molti sfollati vivono in condizioni pessime. Sei persone sono morte di diarrea il mese scorso sull’isola di Matemo.

In risposta al rapido deterioramento della situazione umanitaria e su richiesta del governo mozambicano a tutte le agenzie umanitarie, l’UNHCR sta espandendo la sua presenza nella provincia per rispondere meglio alle crescenti esigenze della popolazione sfollata. Molti sono sopravvissuti alla violenza e alle violazioni dei diritti umani e hanno urgente bisogno di protezione e supporto psico-sociale.

L’UNHCR contribuirà a coordinare tutte le attività di protezione in collaborazione con il governo. L’UNHCR distribuirà aiuti e personale aggiuntivi per soddisfare la necessità, inizialmente per 15.000 IDP e comunità ospitanti nelle prossime settimane.

Molte aree colpite dagli attacchi sono state devastate dal ciclone Kenneth nell’aprile 2019. A quel tempo, circa 160.000 persone erano state direttamente colpite e avevano bisogno di assistenza. Anche le persone a Cabo Delgado sono state gravemente colpite dalle recenti alluvioni, che hanno distrutto i ponti, limitando ulteriormente il loro accesso al cibo e ad altre risorse.

L’UNHCR chiede appello urgente e forte per aumentare la sua risposta in Mozambico. Nel frattempo, l’UNHCR sta impegnando US $ 2 milioni dalla sua riserva operativa per soddisfare le esigenze iniziali.

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Mozambico: Cabo Delgado è l’ultimo avamposto dello Stato islamico?

Una ribellione ribollente islamista in un remoto angolo del Mozambico è scoppiata in una guerra aperta nelle ultime settimane, con notizie di massacri, decapitazioni e il breve sequestro di due città nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, scrive il corrispondente della BBC Africa Andrew Harding.

Gli uomini armati camminavano con calma attraverso l’erba alta, costeggiando un grande edificio bianco, apparentemente non turbati dal suono degli spari.

La maggior parte portava fucili automatici e indossava variazioni di quelle che sembravano uniformi dell’esercito mozambicano. Qualche altro sparo risuonò in lontananza e qualcuno gridò “Allahu Akbar” – Dio è il più grande – come in risposta.

Le riprese video, girate il mese scorso su un telefono cellulare a Muidumbe, sono state nuove e potenti prove del fatto che un oscuro conflitto nella regione più settentrionale del Mozambico si è ora spostato all’aperto, in modo impressionante e allarmante.

Un secondo video, girato poche settimane prima, mostrava un morto – apparentemente un poliziotto – che giaceva in una pozza di sangue. La telecamera si è quindi spostata per rivelare un altro cadavere, poi un terzo sdraiato sotto un veicolo di polizia nero, quindi un quarto corpo all’aperto e infine una grande pila di armi automatiche in una sorta di deposito di polizia o militare.

Quanto sono vicini i collegamenti allo Stato islamico?

Quel filmato è stato girato nel porto strategico di Mocimboa da Praia, che è stato sequestrato brevemente e drammaticamente dai militanti il ​​24 marzo. Due giorni dopo, hanno sequestrato un’altra città importante, Quissanga.

“Ora hanno pistole e veicoli, quindi si muovono facilmente e possono attaccare ampiamente. E stanno usando le uniformi dei soldati. Quindi, le persone sono molto confuse e molto spaventate”, ha detto il vescovo cattolico di Pemba, Luiz Fernando Lisboa.

Quei due assalti militari su larga scala e manipolati sono la prova di un cambiamento radicale nella strategia per il gruppo conosciuto localmente come al-Shabab, sebbene non abbia collegamenti noti con lo stesso nome del gruppo jihadista somalo, che è affiliato ad al-Qaeda .

Ha trascorso gli ultimi due anni operando nell’ombra, attaccando villaggi remoti in tutta la provincia, aggredendo le pattuglie dell’esercito su strade isolate, instillando il terrore in molte comunità rurali, costringendo forse 200.000 persone a fuggire dalle loro case….

Le riprese video del distretto di Mocimboa da Praia e Muidumbe sono state rapidamente incorporate nei film di propaganda del cosiddetto gruppo dello Stato islamico (IS), trasmessi dalla Amaq News Agency.

L’IS ha rivendicato la responsabilità di una serie di recenti attacchi in Mozambico, che ha una popolazione musulmana di circa il 18%, e sembra promuovere lì il suo coinvolgimento come parte di un’operazione di “franchising” che l’ha vista espandersi in diverse parti del Africa.

All’idea che la ribellione a Cabo Delgado sia, in sostanza, parte di un movimento jihadista globale, è stata data attendibilità dagli stessi militanti, che hanno pubblicamente giurato fedeltà all’IS lo scorso anno.

Ma in un video separato, girato quest’anno e distribuito su WhatsApp in Mozambico, un leader militante ha offerto una spiegazione molto più sfumata per le azioni del gruppo.

La gente del posto si lamenta della discriminazione

“Occupiamo [le città] per dimostrare che il governo di questo tempo è ingiusto. Umilia i poveri e dà il profitto ai capi”, ha detto l’uomo alto, senza maschera, in uniforme color kaki, circondato da altri combattenti.

L’uomo parlava spesso dell’Islam e del suo desiderio di un “governo islamico, non un governo di non credenti”, ma citava anche presunti abusi da parte delle forze armate del Mozambico e si lamentava ripetutamente che il governo era “ingiusto”.

Sono già oltre mille gli sfollati arrivati anche nella nostra diocesi e crescono di giorno in giorno.

Ricordateci!!!

LETTERA APERTA AI VESCOVI ITALIANI. PER INIZIARE UNA NUOVA STORIA

Appello della Commissione Giustizia e Pace dei Missionari Comboniani – (30 Aprile 2020)

La Commissione Giustizia & Pace dei Missionari Comboniani si rivolge ai vescovi chiedendo la stessa tempestività e vigore espresse per ribadire la libertà di culto, anche nella difesa dei più sofferenti del pianeta e contro il mercato delle armi.

Cari padri Vescovi, pace e vita.
In questo tempo dolorosissimo per l’umanità intera afflitta dalla pandemia, come missionari, portiamo nel cuore il grido dei tantissimi impoveriti che sale a Dio da ogni angolo del mondo. Dall’Amazzonia alle baraccopoli africane, dai fratelli e sorelle migranti nei lager libici e nei campi profughi delle isole greche che cercano di scappare in mare rifiutati dall’Italia e dall’Europa, a quelli che tentano la rotta balcanica.

In questi giorni sono in corso vere e proprie lotte per il cibo a Nairobi, Ougadougou, Johannesburg. Ma anche qui in Italia, molte più persone sentono i crampi della fame e bussano alle nostre Caritas. Come non riconoscere in questi crocifissi il volto di Gesù di Nazaret? (Mt 25,31-46)

Abbiamo notato la tempestività del comunicato con cui avete rivendicato la libertà di culto nei confronti del governo e vi chiediamo la stessa determinazione e prontezza di intervento laddove la carne di Cristo è trafitta nei più poveri e abbandonati.

Ribadiamo convintamente che l’Eucarestia rappresenta la fonte e il culmine della vita cristiana e sentiamo l’urgenza di ritrovarci insieme come comunità attorno all’altare della parola e del pane spezzato. Proprio per questo siamo convinti che la celebrazione eucaristica continua nell’accoglienza dei migranti, nella pratica della giustizia sociale, nella promozione della pace e dei diritti umani, nell’impegno con gli ultimi.

Ci uniamo alle parole profetiche di Papa Francesco il quale ci ricorda che il virus peggiore da combattere è quello dell’indifferenza e durante l’omelia della seconda domenica di Pasqua afferma: «Mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua il vero pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente… quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità!».

Questa pandemia ci insegna che è tempo propizio per iniziare una nuova storia e avere lo stesso coraggio e la stessa parresia degli apostoli che hanno abbandonato il cenacolo, dove erano rinchiusi per paura, per uscire ad annunciare il Vangelo della vita.

Cari Vescovi, non rimanete in silenzio e gridate insieme a tanti uomini e donne:

  • lo scandalo della strage di Pasquetta quando morivano nel Mediterraneo 12 migranti dimenticati dall’Italia e dall’Europa;
  • lo scandalo dell’aumento della produzione di armi nel mondo (i dati di questa settimana del SIPRI, l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma, parlano di spese di 1.900 miliardi di dollari, il valore assoluto più alto dalla fine della Guerra Fredda) che continuano ad alimentare guerre in Libia, Yemen, Camerun, Siria e affamano intere popolazioni togliendo risorse da investire nel settore sanitario per lottare contro il coronavirus;
  • lo scandalo della crisi alimentare mondiale (gli ultimi dati del rapporto FAO della scorsa settimana parlano di 135 milioni di persone nel mondo alla fine del 2019 in situazione di insicurezza alimentare acuta) che si aggrava oggi a causa del Covid-19 ma che non sente salire con determinazione l’appello alle autorità politiche ed economiche per un intervento eccezionale in soccorso agli ultimi.

Le periferie esistenziali che abbiamo vissuto in altri continenti e che ora viviamo qui nel nostro paese, ci spingono a rivolgervi questo appello, perché in tutti i discepoli di Gesù aumenti la compassione per gli ultimi, la fame e sete di giustizia e il coraggio di proclamare il Vangelo della vita piena per tutti.