LA CARITAS DI NACALA e l’emergenza piogge nella provincia di Nampula

EMERGENZA UMANITARIA NELLA PROVINCIA DI NAMPULA – PENSIERO DELLA CARITAS DI NACALA

Nella settimana tra il 14 ed il 21 gennaio piogge tropicali intense accompagnate da forti raffiche di vento han portato distruzione e alcune vittime in molte Provincie del Centro e Nord del Mozambico e, in particolare, nella Provincia di Nampula, nella nostra Diocesi di Nacala: in alcuni dei 10 Distretti della Diocesi (Monapo, Ilha, Mossuril e Moginqual) con maggior violenza.
Molte famiglie han perso la casa, altre i coltivi che avrebbero garantito l’alimentazione di tutto l’anno (prevalentemente arachidi, mais, mandioca e fagioli), altre ancora entrambi, praticamente tutto ciò che avevano. La stima iniziale era di 10.000 famiglie “senza tetto” nei quattro Distretti più colpiti, stima che in poche settimane si è duplicata. Tutto ciò oltre a danni ingenti alle infrastrutture (ponti, strade, tralicci dell’energia elettrica, scuole, ospedali) e ai conseguenti danni alle persone impossibilitate ad usufruirne.
Ritornano alla mente, come un monito, le parole profetiche di Papa Francesco, quando nell’ enciclica  “Laudato si” tratta dei cambiamenti climatici: “I cambiamenti climatici sono un problema globale, con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, costituendo attualmente una delle principali sfide per l’umanità” (25). Se “il clima è un bene comune, un bene di tutti e per tutti “(23), gli impatti più pesanti della sua alterazione ricadono sui più poveri, e “molti poveri vivono in luoghi  particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento, e i loro mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalle riserve naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosistema, come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali. Non hanno altre disponibilità economiche e altre risorse che permettano loro di adattarsi agli impatti climatici o di far fronte a situazioni catastrofiche, e hanno poco accesso a servizi sociali e di tutela” (23). Ma molti “di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi od occultarne si suoi sintomi” (26). “La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile” (25).
Ad inizio 2017 nella Diocesi di Nacala si era sofferta la situazione esattamente contraria: poco dopo le semine, che generalmente iniziano a dicembre con l’arrivo delle piogge, si sono succeduti quasi due interi mesi completamente secchi (gennaio e febbraio), pregiudicando un’altra volta il raccolto che in questo emisfero dipende unicamente dalla pioggia, non esistendo nessun sistema di irrigazione nell’agricoltura di sussistenza praticata a livello familiare, che, in sostanza, è ciò che permette di sfamare il 99% della popolazione mozambicana. In entrambi gli anni (2017 e 2018) il tutto è accompagnato da epidemie di colera. Certamente l’area è soggetta ad eventi quali cicloni, inondazioni, secche ecc. ma mai come nelle ultime decadi questi fenomeni si ripetono con maggior frequenza, segnale di quanto le attività antropiche li influenzino negativamente.
Ancora le parole del Papa nella “Laudato si” sulla questione dell’acqua: “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”. Privare i poveri dall’accesso all’acqua significa “negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità” (30).
La Caritas Diocesana di Nacala, di fronte a questa emergenza umanitaria, si sente immediatamente in dovere di agire. Ma la prima considerazione che balza agli occhi è la capacità di questa gente di mettere in atto la carità senza aspettare che arrivi dalle istituzioni, spesso assenti o in ritardo. Non serve montare un “campo di emergenza” per i senza tetto: è naturale ed istantaneo che le famiglie che ancora dispongono di una casa, la mettano a disposizione di coloro che l’han persa! Che grande lezione di vita e di Vangelo vissuto!
Ci si attiva comunque velocemente per tentare di mettere in atto aiuti ai più bisognosi tra i bisognosi. Ma che tipo di aiuto? Cibo? Sementi? Materiale per la costruzione delle nuove case? Molti gli interrogativi su cui si è riflettuto insieme ai parroci dei distretti interessati. E che porte battere per cercare questi aiuti?

Siamo una caritas piccola e ancora non ben strutturata, senza un piano di emergenza per le calamità o un magazzino con dei kits di primo soccorso. Come sempre la Provvidenza oltrepassa tutti i limiti umani e una Caritas sorella, dal Regno Unito, con la sua efficiente organizzazione, ci aiuta a predisporre un progetto di emergenza e a mettere a disposizione molto rapidamente i fondi per la sua attuazione. Si è convenuto sull’investire nella costruzione di nuove case e, anche in questo caso, gli interrogativi si sono moltiplicati: le case sono precarie (di fango, coperte di paglia). Su cosa investire: case più robuste e durevoli fatte di mattoni e coperte di lamiera? Certo, sarebbe l’ideale, ma quante poche case si potrebbero costruire in questa ipotesi visti gli ingenti costi di fronte alla moltitudine di persone che in questo momento hanno bisogno di un segnale concreto di solidarietà! Per questo la scelta è ricaduta sull’acquisto di teli di plastica che aiutino nel rifacimento del tetto delle nuove case visto che il restante materiale è di produzione familiare locale (mattoni e paglia). Al contributo principale della CAFOD (circa 35.000 €) si aggiunge a pioggia la solidarietà di tanti amici italiani (circa 11.000 € di cui 10.020 € da parrocchie, gruppi, associazioni, famiglie e singole persone di Verona) che permette di aumentare il numero di teli ed aiutare la ricostruzione di due dighe andate distrutte dall’impeto delle piogge in due antiche missioni. La metodologia partecipativa, ossia il coinvolgimento in ogni passo di tutte le parti in causa, si dimostra una strategia vincente per creare rete, scelte condivise e, in ultima analisi sostenibilità ed efficacia delle azioni intraprese.
La fitta rete di animatori della Caritas disseminati in tutte le comunità cristiane (stiamo parlando di circa 450 comunità distribuite nelle 10 Parrocchie più colpite, accompagnate da 6 equipe missionarie) procedono, dando priorità alle famiglie più fragili, al censimento dei casi e, insieme alle rispettive equipe
missionarie, organizzano la distribuzione dei 6,000 teli acquistati. 6.000 famiglie con le quali si prenderà l’occasione per creare coscienza e sottolineare l’importanza di costruire case più robuste ed in zone più sicure.
Ecco che l’emergenza e la sofferenza diventano l’occasione di imparare dai poveri cosa significhi la carità vissuta e di fare che la nostra carità sia protesa al creare coscienza, sviluppo e speranza e non ulteriore dipendenza.

Elena Gaboardi
Laica missionaria, Segretaria Diocesana della Caritas di Nacala.

Il camion, oggi mentre trasportava i primi 1.700 rotoli alle famiglie.

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